Mansoureh Behkish ha 54 anni. Tra il 1981 e il 1988 ha perso una sorella, quattro fratelli e un cognato, morti ammazzati nelle carceri dell’Iran, quasi tutti nell’ultimo periodo di quella mattanza.
Dall’agosto 1988 al febbraio 1989, in quei pochi mesi tra la fine della guerra con l’Iraq e il decimo anniversario della rivoluzione islamica, nelle prigioni iraniane furono trucidati tra 4500 e 5000 prigionieri, senza risparmiare donne e bambini.
Non solo nessuno è stato mai chiamato a rispondere di quel crimine contro l’umanità, ma centinaia di familiari non hanno neanche potuto seppellire i loro cari. Mansoureh è tra questi.
Altri hanno potuto. Molte vittime furono sepolte in fosse comuni nel cimitero di Kharavan, nella zona sud della capitale Teheran. Si formò allora il gruppo delle Madri di Kharavan. Mansoureh entrò a farne parte, iniziando la sua nuova vita di attivista per i diritti umani.
Le Madri di Kharavan davano fastidio, con quel loro riunirsi in un cimitero. Lo hanno fatto per oltre 20 anni. Quest’anno, a marzo, durante i festeggiamenti per il capodanno, centinaia di loro sono state contattate da funzionari della sicurezza che le hanno “invitate” a non andare a Kharavan: evidentemente, si era troppo vicini alle elezioni parlamentari.
Jafar, fratello di Mansoureh in esilio dal 2002, ha descritto ad Amnesty International i legami di solidarietà che uniscono le famiglie delle vittime delle violazioni dei diritti umani degli scorsi decenni ai parenti delle vittime della più recente repressione, scattata nel giugno 2009 all’indomani della contestata rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad.
“Le atrocità del passato e del presente affliggono l’intera nazione iraniana. Le autorità lo sanno e cercano di impedire alle famiglie delle vittime di lavorare insieme. Sanno che un movimento unito costituirebbe una forte minaccia alla loro politica di oppressione”.
Mansoureh è il collegamento tra passato e presente. È una delle fondatrici delle Madri a lutto, poi diventate le Madri di parco Laleh. Qui, in questa zona verde di Teheran, ogni sabato, dall’assassinio di Neda Agha-Soltan fino a quando non le hanno manganellate e arrestate, le familiari degli uccisi, degli scomparsi e dei prigionieri di coscienza delle proteste del 2009 si sono riunite per manifestare, con un’ora di silenzio. Come le Madri e le Nonne argentine.
Mansoureh è stata arrestata a Kharavan il 29 agosto 2008 e a parco Laleh il 5 dicembre 2009. Entrambe le volte è stata rilasciata su cauzione. Poi è stata arrestata una terza volta il 12 giugno 2011 nel centro di Teheran e di nuovo rilasciata su cauzione. Ma intanto, la macchina della repressione giudiziaria si era messa in moto.
Infatti, ora Mansoureh rischia di passare quattro anni e mezzo in carcere. A tanto ammonta la condanna emessa in primo grado il 4 aprile dalla sezione XV del Tribunale rivoluzionario di Teheran, per “associazione e collusione con l’intento di danneggiare la sicurezza nazionale” e “propaganda contro il sistema”.
In carcere c’è già almeno un’altra delle Madri: Zhila Karamzadeh-Makvandi, condotta alla fine del 2011 nella famigerata prigione di Evin, per scontare una condanna a due anni. La sua militanza nelle Madri di parco Laleh le è costata l’incriminazione per “costituzione di un’organizzazione illegale” e “azione contro la sicurezza dello stato”. Rischia di fare la stessa fine una terza delle Madri, Leyla Seyfollahi, se la condanna in primo grado a due anni verrà confermata in appello.
Riccardo Noury
Portavoce di Amnesty International Italia
Diritti - 7 Maggio 2012
Come in Argentina, le madri iraniane lottano per i diritti umani
Mansoureh Behkish ha 54 anni. Tra il 1981 e il 1988 ha perso una sorella, quattro fratelli e un cognato, morti ammazzati nelle carceri dell’Iran, quasi tutti nell’ultimo periodo di quella mattanza.
Dall’agosto 1988 al febbraio 1989, in quei pochi mesi tra la fine della guerra con l’Iraq e il decimo anniversario della rivoluzione islamica, nelle prigioni iraniane furono trucidati tra 4500 e 5000 prigionieri, senza risparmiare donne e bambini.
Non solo nessuno è stato mai chiamato a rispondere di quel crimine contro l’umanità, ma centinaia di familiari non hanno neanche potuto seppellire i loro cari. Mansoureh è tra questi.
Altri hanno potuto. Molte vittime furono sepolte in fosse comuni nel cimitero di Kharavan, nella zona sud della capitale Teheran. Si formò allora il gruppo delle Madri di Kharavan. Mansoureh entrò a farne parte, iniziando la sua nuova vita di attivista per i diritti umani.
Le Madri di Kharavan davano fastidio, con quel loro riunirsi in un cimitero. Lo hanno fatto per oltre 20 anni. Quest’anno, a marzo, durante i festeggiamenti per il capodanno, centinaia di loro sono state contattate da funzionari della sicurezza che le hanno “invitate” a non andare a Kharavan: evidentemente, si era troppo vicini alle elezioni parlamentari.
Jafar, fratello di Mansoureh in esilio dal 2002, ha descritto ad Amnesty International i legami di solidarietà che uniscono le famiglie delle vittime delle violazioni dei diritti umani degli scorsi decenni ai parenti delle vittime della più recente repressione, scattata nel giugno 2009 all’indomani della contestata rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad.
“Le atrocità del passato e del presente affliggono l’intera nazione iraniana. Le autorità lo sanno e cercano di impedire alle famiglie delle vittime di lavorare insieme. Sanno che un movimento unito costituirebbe una forte minaccia alla loro politica di oppressione”.
Mansoureh è il collegamento tra passato e presente. È una delle fondatrici delle Madri a lutto, poi diventate le Madri di parco Laleh. Qui, in questa zona verde di Teheran, ogni sabato, dall’assassinio di Neda Agha-Soltan fino a quando non le hanno manganellate e arrestate, le familiari degli uccisi, degli scomparsi e dei prigionieri di coscienza delle proteste del 2009 si sono riunite per manifestare, con un’ora di silenzio. Come le Madri e le Nonne argentine.
Mansoureh è stata arrestata a Kharavan il 29 agosto 2008 e a parco Laleh il 5 dicembre 2009. Entrambe le volte è stata rilasciata su cauzione. Poi è stata arrestata una terza volta il 12 giugno 2011 nel centro di Teheran e di nuovo rilasciata su cauzione. Ma intanto, la macchina della repressione giudiziaria si era messa in moto.
Infatti, ora Mansoureh rischia di passare quattro anni e mezzo in carcere. A tanto ammonta la condanna emessa in primo grado il 4 aprile dalla sezione XV del Tribunale rivoluzionario di Teheran, per “associazione e collusione con l’intento di danneggiare la sicurezza nazionale” e “propaganda contro il sistema”.
In carcere c’è già almeno un’altra delle Madri: Zhila Karamzadeh-Makvandi, condotta alla fine del 2011 nella famigerata prigione di Evin, per scontare una condanna a due anni. La sua militanza nelle Madri di parco Laleh le è costata l’incriminazione per “costituzione di un’organizzazione illegale” e “azione contro la sicurezza dello stato”. Rischia di fare la stessa fine una terza delle Madri, Leyla Seyfollahi, se la condanna in primo grado a due anni verrà confermata in appello.
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Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.